I motivi di questa scelta sono tanti. Dall'onestissima e sacrosanta voglia di realizzarsi in una passione che si sente "più grande", magari scoperta più avanti nell'adolescenza o in maturità, alla pura indecisione post-caos-adolescenziale, le strade e i percorsi che possono portarci a scegliere "cosa fare della propria vita" sono tante. Citando un Grande Vecchio della paleontologia, la "voglia di paleo è quasi come una malattia esantematica, una fase obbligata della nostra crescita che va via come il morbillo e la varicella". Ma per un'altra ristretta parte di noi la curiosità, l'ammirazione, il fascino che questa disciplina acquisisce nel tempo, nell'impegno per renderla una parte importante della nostra formazione culturale, non svaniscono con gli anni. Si passa alla fase "cronica" (per continuare ad usare una metafora medica). Purtroppo però non tutto è così semplice, soprattutto in un paese a-scientifico come il nostro, dove le possibilità per ogni giovane curioso, stimolato e appassionato, si riducono esponenzialmente. Le cause di questa frustrazione sono molteplici. Una di queste è che nel nostro paese, all'infuori di pochi eletti i quali nell'ultimo secolo hanno dato il loro contributo (spesso a livello dilettantistico) non abbiamo avuto una schiera solida di studiosi impegnati nell'accrescimento culturale di questa disciplina.
Al più fortunato studente ventenne di paleontologia all'università, 15 o 10 anni fa, o forse anche meno, il Prof. di turno poteva solo proporre di fare una bella tesi sui microcoralli di Giumbolandia, sulle conchigliette di Cittalaggiù, o su un bel pescetto maciullato, se si era in giorno di grazia. Massimo rispetto per gli studiosi di coralli, molluschi e pesci fossili comunque, il mio paragone serve solo a rapportarsi con la situazione di un tizio che vuole studiare OSSA fossili, OSSA GRANDI, magari ossa di dinosauro!!!!
Ultimamente però c'è speranza...
Un ragazzo ventenne che si laurea in geologia o scienze naturali con la voglia, da sempre coltivata, di diventare paleontologo, ha più possibilità oggi. Perchè? Purtroppo non grazie a sovvenzioni statali straordinariamente generose (figuriamoci).
Sicuramente la massificazione della cultura dell'ultimo cinquantennio, con i suoi potenti media , ha portato maggiormente all'attenzione di tutti, seppur spesso in maniera distorta e controversa, ma pur sempre immaginifica, la concezione del "paleontologo", di "viaggiatore nel mondo perduto". Non è un caso che chiunque sia nato negli ultimi 30 anni sappia cosa sia un T. rex.
Se questa tendenza vuole catalizzare una rivoluzione culturale, in grado di permettere agli studiosi del nostro paese di rivaleggiare in competenza e possibilità con i ben più "esperti" (e oserei dire "abituati") studiosi stranieri, ci vuole il lavoro impegnato di tante persone che, con costanza, sacrificio ed un'immensa passione, siano coinvolte "nell'alzare il livello". E' una sorta di Rinascimento Paleontologico Italiano. Per mia fortuna, e quella di altri, qualcosa -oggi- si muove!
Il fatto stesso che esista questa associazione ne è una prova contingente. All'interno della sigla APPI ci sono una miriade di persone diverse, accumunate da una passione comune, le quali ognuno, con i propri mezzi, le proprie possibilità e attitudini, stanno facendo tanto per costruire una paleontologia dei vertebrati italica matura, fatta di studiosi consapevoli e professionali, in una parola "migliore".
Federico Fanti, Andrea Cau e Lukas Panzarin sono 3 nomi ormai familiari fra quelli dell'associazione. Hanno condotto, in questi ultimi 2 anni, diversi talk su svariati argomenti paleontologici i primi due, dagli scavi esotici ed avventurosi di Federico, all'esposizione di Andrea sul perchè bisogna considerare gli uccelli odierni dinosauri viventi. Lukas è stata una presenza costante, silenziosa ma operosa, uno straordinario artista (dalle invidiabili conoscenze tecnico-scientifiche) che si è costruito un nome nella cerchia internazionale per le ammirevoli ricostruzioni grafiche di animali estinti.
Federico ed Andrea hanno pubblicato alla fine dela scorsa estate uno studio su un nuovo metriorinchide italiano, Neptunidraco ammoniticus, un coccodrillo preistorico marino dalle importanti conseguenze per la nostra conoscenza di questo gruppo. Quando oggi parliamo di coccodrilli visualizziamo immediatamente enormi rettili lenti e dallo sguardo minaccioso, nascosti fra la melma, pronti per assalire l'erbivoro di turno durante il guado di un fiume nella savana africana. Eppure, queste forme così arcaiche non sono che una delle decine di linee evolutive che in 250 milioni di anni hanno popolato la nostra terra.
Forme adattate alla vita palustre come quelle odierne, ma anche terrestri, con andature così modificate da farli sembrare dei cani levrieri con le scaglie. Forme di piccole, medie o grandi dimensioni, da rivaleggiare con un Tyrannosaurus per lunghezza corporea. E anche specie marine. Metriorhynchidae è un gruppo di coccodrilli preistorici marini della parte finale del Giurassico Medio (circa 165 milioni di anni fa). Quando nel 1955, un marmista di Portomaggiore, Francesco Pasini , estrasse da una cava del veronese di marmo alcune insolite lastre, al cui interno si trovavano i resti ossei del coccodrillo, contattò delle istituzioni universitarie. Dopo il sequestro delle lastre e qualche contenzioso, i fossili vennero spartiti fra le università di Ferrara e quella di Bologna per essere attribuite, dopo alcuni studi, a Metriorynchus, un genere di coccodrillo marino del giurassico superiore (circa 150 milioni di anni fa) molto noto alla scienza di quel tempo. Andrea e Federico però, incuriositi dal fossile, scoprono che in realtà i pezzi sono più antichi di quello che si pensava in passato, ed appartengono ad una specie sconosciuta. Nei primi studi sul coccodrillo di Portomaggiore era stata attribuita al fossile un'età di circa 155 milioni di anni, mentre dopo lo studio di Federico e Andrea il fossile sembra risalire a 165 milioni di anni, circa 10 milioni di anni prima di quanto pensato in passato. Questo ha importanti conseguenze per la scienza dei metriorynchidi, perchè fino ad ora si pensava che queste linee evolutive di coccodrilli fossero comparsi non prima di 160 milioni di anni, mentre Neptunidraco, essendo un membro primitivo di questo gruppo, testimonia una comparsa ben più antica del gruppo. Neptunidraco ammoniticus viene quindi descritto ufficialmente come il più antico coccodrillo metryorinchide al mondo, rinvenuto in Italia e studiato da due giovani professionisti italiani del settore.
Ma per la rinascita paleontologica del nostro paese non è tutto!
Iguanacolossus e Hippodraco nella ricostruzione di Lukas Panzarin (la barra equivale ad 1 metro)
Questa settimana, il nostro paleo-illustratore Lukas Panzarin è autore insieme ad altri 6 studiosi anglosassoni di uno studio su due nuovi iguanodonti nordamericani, Iguanacolossus fortis e Hippodraco scutodens dal Cretaceo inferiore (circa 130 milioni di anni fa) dello Utah. Lo studio, oltre a descrivere scientificamente l'età dei reperti, ricostruirne l'anatomia e le relazioni evolutive, presenta delle splendide immagini dei due animali realizzate proprio dal nostro Lukas. Iguanocolossus e Hippodraco, vanno ad arricchire la prima sottovalutata biodiversità delle specie di Iguanodontia, fra i primi dinosauri ad essere scoperti, caratteristici per la loro testa vagamente equina ed il pollice costituito da una spina ossea.
Come potete vedere questi ragazzi si danno da fare!
A proposito di Neptunidraco ammoniticus parleranno Andrea Cau e Federico Fanti, insieme a Fabio Marco Dalla Vecchia che interverrà in merito a Tethyshadros insularis (il primo dinosauro ornitischio italiano), al prossimo APPI Day, domenica 5 dicembre: non mancate!!
Bibliografia:
- Bakker, Robert T., The dinosaur heresies, Penguin Books, New York, 1988 (1986)
-Cau, A., Fanti, F. 2010. The oldest known metriorhynchid crocodylian from the Middle Jurassic of North-eastern Italy: Neptunidraco ammoniticus gen. et sp. nov., Gondwana Research. doi:10.1016/j.gr.2010.07.007
-McDonald AT, Kirkland JI, DeBlieux DD, Madsen SK, Cavin J, Milner ARC & Panzarin L (2010) New Basal Iguanodonts from the Cedar Mountain Formation of Utah and the Evolution of Thumb-Spiked Dinosaurs. PLoS ONE 5(11): e14075. doi:10.1371/journal.pone.0014075
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