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sabato 12 febbraio 2011

Darwin e l'albero della Vita.

Contrariamente alle credenze più diffuse, la cacciata di Adamo ed Eva non avvenne a causa dell’atto disobbediente di nutrirsi della classica mela. Dio, arrabbiato poiché la donna, tentata dal serpente, mangiò il frutto dell'albero della Conoscenza, cacciò la coppia primigenia nel timore che questi, in barba della Divin Fiducia, potessero fare lo stesso con l'albero della Vita, cibandosi dei suoi frutti, donatori di immortalità. (Gen. 3:22-24). Al di là delle interpretazioni teologiche (lungi da me il voler indagare campi dello scibile che non mi competono), possiamo dare una valenza naturalistica al mito biblico. Per secoli l'umanità è rimasta dannata nel limbo dell'ignoranza sulle proprie origini. Domande del tipo "da dove veniamo?", oltre a rappresentare un obbligo nei momenti di sbronza fra amici (giusto Meusi?) hanno accompagnato la nostra specie dall'alba del pensiero razionale. Di fatto, vari miti hanno tentato di dare una spiegazione all'origine di tutto ciò che ci circonda, e soprattutto di tutto ciò che vive. Plasmazioni dai fanghi dell'Eden, animazioni spontanee di sassi etc., hanno condizionato per millenni la cultura umana. Con la diffusione del metodo scientifico, soprattutto dal periodo dei lumi in poi, una nuova moda di porsi domande e di rispondervi ha acceso di curiosità giovani e fertili menti indagatrici. Una di queste menti ebbe i natali esattamente 202 anni fa, a Shrewsbury, in Inghilterra. Si trattava della geniale mente di Charles Robert Darwin. Geniale perché, in maniera esemplare, applicò in modo rigoroso e metodico l'indagine razionale della realtà fenomenica ad uno dei più grandi misteri del cosmo, l'origine della diversità della vita. Egli scoprì dopo anni di raccolta di campioni, studio, ponderazione (sofferenze personali) e riflessioni, che tutte le specie viventi derivano da un comune antenato, attraverso un processo di selezione delle modifiche che incorrono nel genoma di ogni specie al trasferimento del patrimonio genetico di generazione in generazione. Queste modifiche che noi osserviamo abitualmente guardando le differenze che incorrono fra noi e i nostri genitori o fra noi e i nostri figli, amplificate nell'immensità abissale della Storia della Terra, hanno prodotto le miriadi di forme di animale e piante che oggi osserviamo intorno a noi.

Purtroppo, delle innumerevoli varietà che hanno vissuto sul nostro pianeta, una percentuale esigua è rimasta al nostro (maldestro) affidamento. Tutto il resto non c'è più. Il processo di evoluzione per selezione naturale, pone gli organismi viventi di fronte alle insidie più aspre che il nostro pianeta possa offrire, con la riuscita di pochi. Così, in milioni di anni, i più non hanno lasciato nulla del loro passaggio. O quasi. La conservazione di alcuni resti di queste forme di vita come fenomeni geologici detti "fossili" permette ad una scienza straordinaria, la paleontologia, di scoprire quelle tracce frammentarie, disperse nell'immensità di un tempo oscuro, di riemergere dall'ombra, regalandoci una traccia del loro storia, del loro vivere. Vite lontane e remote, ma in un certo senso vite di nostri parenti, unite da un legame genetico che trova le proprie radici in un "Albero della Vita" che ha le sue fronde nel presente e rami, fusto e radici che attraversano il Tempo Profondo.

In un certo senso Charles Darwin, con la sua opera scientifica più importante, ci ha permesso di saggiare il dolce frutto dell'albero proibito, permettendoci di contemplare l'evolversi delle varietà viventi nel passato, nel presente e nel futuro, rendendoci immortali.


Buon DUECENTODUESIMO compleanno, Zio Charles !


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